Cos’è l’autismo e quando è necessario un approfondimento diagnostico.

 

L’autismo è un insieme di condizioni neuroevolutive eterogenee, caratterizzate dall’insorgenza precoce di difficoltà nella comunicazione sociale, da inusuali, rigidi, ripetitivi comportamenti ed interessi (Moderato, 2020).

Cosa vuol dire questo? Cosa potremmo osservare in un bambino con autismo?
Un bambino con autismo potrebbe non girarsi quando viene chiamato, mostrare assenza o deficit nella comprensione di istruzioni semplici fornite dai genitori, un contatto oculare sfuggente, la sua modalità di gioco potrebbe apparire ripetitiva e potrebbero essere presenti difficoltà nel condividere oggetti/attività e nel distaccamento da queste.
Il bambino potrebbe mostrarsi disinteressato a quello che avviene intorno a lui o focalizzato su aspetti o particolari specifici dell’ambiente (luci, oggetti etc) e manifestare difficoltà nella comprensione delle dinamiche sociali e delle regole che vi sottendono rispondendo alle reazioni emotive dell’altro in un modo che si discosta da quello mostrato dai coetanei a sviluppo tipico (ridere di fronte ad una reazione di rabbia del genitore).

La capacità di comunicare con l’altro appare deficitaria, per assenza o compromissioni dello sviluppo delle abilità di linguaggio parlato. I bambini con autismo mostrano inoltre interessi ristretti che solitamente si concentrano su una o più dimensioni sensoriali e che danno luogo spesso a comportamenti stereotipati (comportamenti ripetitivi e non funzionali). Le dimensioni sensoriali coinvolte possono diversificarsi da bambino a bambino, potremmo vedere bambini il cui canale di interesse principale è quello visivo e che potrebbero essere impegnati, ad esempio, ogni volta ve ne sia occasione, nell’osservazione di oggetti che producono movimenti circolari come ad esempio lavatrici, ventilatori; oggetti che producono, riflettono o filtrano luce come lampadine e così via; osservazioni di determinati oggetti secondo specifiche angolazioni e così via.

Altri bambini potrebbero invece prediligere una stimolazione uditiva che potrebbe manifestarsi in un ascolto ripetitivo di alcuni specifici suoni, canzoni e frasi che talvolta possono essere utilizzate o riprodotte in modo decontestualizzato (ripetizione di frasi e suoni ascoltati in precedenza, il bambino ripete una frase ascoltata in un cartone animato in modo ripetuto e non funzionale al contesto). In alcuni casi il bambino potrebbe richiedere direttamente ad altre persone di ripetere specifiche frasi. In altri casi ancora la stimolazione ricercata potrebbe riguardare la dimensione tattile (ricerca di particolari superfici da toccare).

Alcuni oggetti o attività bambini possono infine includere più dimensioni sensoriali
contemporaneamente (giochi sonori luminosi, video musicali etc). Tali interessi ristretti sono il frutto del particolare profilo sensoriale che caratterizza la sindrome autistica e possono portare il bambino a mettere in atto comportamenti disfunzionali (comportamenti auto ed eteroaggressivi, urla, buttarsi a terra etc.) in caso di divieto di interazione con l’attività ricercata.

In alcuni casi tali interessi possono manifestarsi in maniera così assorbente da limitare fortemente l’inclusione sociale e ostacolare l’acquisizione di abilità di interazione sociale spontanea a causa di mancati interessi comuni oltre alla creazione di opportunità di insegnamento efficaci da parte dell’adulto a causa di difficoltà nell’identificazione di “motivatori” funzionali alla strutturazione di un piano di apprendimento efficace.

Appare chiaro quanto un primo passo per lo sviluppo delle abilità del bambino sia l’ampliamento dei suoi interessi.
Un repertorio di interessi vario e in evoluzione permette l’insegnamento di abilità di richiesta varie e potenzialmente complesse.

Quali sono i segnali che potrebbero rendere importante un approfondimento diagnostico?
Diverse ricerche hanno evidenziato la presenza di alcuni possibili segnali precoci di autismo già nel primo anno di vita, sono spesso i genitori stessi a rilevare i primi campanelli d’allarme osservando nei bambini anomalie nel contatto oculare, assenza di capacità di imitare anche semplici movimenti mostrati, assenza di reciprocazione del sorriso, comportamenti ripetitivi e interessi focalizzati su particolari esperienze sensoriali, disinteresse verso giochi e attività che normalmente interessano bambini della stessa fascia di età.

I segnali possono essere differenziati in base all’età del bambino (Thompson, 2007; Moderato, 2020).
Prima dei sei mesi di età potrebbero essere assenti sorrisi o manifestazioni di affetto o altri comportamenti che manifestano felicità come anche un contatto oculare ridotto o assente.
L’assenza di ricerca di condivisione dell’attenzione, di sorrisi ed espressioni facciali con l’altro, possono essere considerati un campanello d’allarme in corrispondenza dei nove mesi di età.

In corrispondenza dell’anno di età sono indicati come segnali di allarme, l’assenza di lallazione , l’assenza di gesti legati al comportamento di condivisione come indicare, mostrare qualcosa o raggiungere l’altro e la difficoltà a girarsi quando chiamati per nome.

A 16 mesi di età, l’assenza di parole o un numero di parole molto ridotto mentre a 24 mesi di età l’assenza di frasi a due parole dotate di significato (senza considerare le ripetizioni di frasi pronunciate da altri).

Ci sono poi campanelli di allarme che sono tali indistintamente dall’età del bambino, come la perdita di abilità che erano state acquisite (il bambino mostra un arresto o una regressione nello sviluppo), l’evitamento del contatto oculare, la preferenza per la solitudine, la difficoltà a comprendere le emozioni delle persone, ritardo nello sviluppo del linguaggio, ripetizione persistente di parole o frasi (ecolalia).

Quali sono dunque i passi da percorrere?
La ricerca dimostra che un intervento è maggiormente efficace quanto maggiormente precoce e ad una diagnosi precoce segue un precoce inizio di intervento.
Osservare e sentire che qualcosa non va nel verso giusto nello sviluppo del proprio bambino è qualcosa che genera paura e apre le porte ad un iter emotivamente difficile da affrontare, quello della richiesta di una consulenza specifica e di una eventuale diagnosi.
Smarrimento, angoscia, ansia sono solo alcune delle parole che i genitori riportano spesso in relazione a quel periodo, un periodo in cui ci si trova a dover affrontare un vero e proprio lutto, quello dell’immagine costruita intorno al proprio bambino, un’immagine di autonomia e spensieratezza.

Prendere gradualmente consapevolezza di dover trovare una strada alternativa per insegnare abilità che “normalmente” vengono acquisite senza sforzo dai bambini, porta a vagliare le diverse modalità riabilitative offerte dal panorama terapeutico.
Se da un lato iniziare il più precocemente possibile un intervento riabilitativo è fondamentale dall’altro scegliere il giusto intervento lo è altrettanto. Le linee guida nazionali per l’autismo indicano a questo proposito, gli interventi aventi validità scientifica riportando la loro efficacia nel trattamento dei disturbi che afferiscono all’autismo.

La valutazione rispetto all’efficacia di un intervento richiede una riflessione approfondita.

Quando un intervento può ritenersi efficace? Un intervento efficace è quello che porta a risultati misurabili in abilità che sono importanti da instaurare o potenziare nel bambino in quanto hanno ricadute positive sull’apprendimento generale o su comportamenti “socialmente rilevanti” nel minor tempo possibile. Un intervento è efficace quando migliora la qualità di vita del bambino e della sua famiglia con ricadute positive sull’inclusione sociale dell’intero sistema familiare.

Nel caso dell’autismo le abilità da insegnare potrebbero essere svariate a seconda della gravità della compromissione dello sviluppo, è fondamentale pertanto programmare l’intervento sulla base di una valutazione approfondita del profilo di apprendimento del bambino e delle sue abilità di partenza attraverso un’attenta valutazione funzionale.

La valutazione funzionale servirà come punto di partenza per stabilire gli obiettivi di insegnamento. La scelta degli obiettivi è un compito delicato e complesso in quanto richiede un’analisi attenta del contesto in cui il bambino è inserito a livello sociale, scolastico e familiare (caratteristiche dei vari “ambienti” di vita e il tempo trascorsi in essi), dei prerequisiti necessari all’acquisizione di abilità più complesse (ad esempio se il bambino non sa ripetere parole pronunciate da altre persone non potrò pensare di porre l’obiettivo di ripetere frasi; se il bambino non richiede spontaneamente oggetti, attività, cibi che desidera con una singola parola non potrò pormi l’obiettivo di insegnare al bambino a comunicare le sue richieste tramite l’utilizzo di frasi complesse e così via) e una selezione di abilità prioritarie rispetto ad altre, come ad esempio le abilità di comunicazione e che rappresentino “cuspidi comportamentali”, ovvero comportamenti la cui acquisizione apre le porte ad altri apprendimenti.

 

Interventi basati sull’analisi del comportamento, l’ABA

 

La complessità non riguarda solo la selezione degli obiettivi di lavoro ma anche la scelta delle strategie e delle procedure di insegnamento specifiche, che prevedono un’approfondita conoscenza dei principi che guidano l’acquisizione dei comportamenti.
In questo mare di complessità serve un punto di appoggio che ci dia gli strumenti per osservare da vicino e minuziosamente il comportamento.
L’analisi del comportamento è la scienza che studia i processi che permettono agli organismi viventi di acquisire repertori comportamentali, dai più semplici ai più complessi.
Conoscere le modalità che ci permettono di acquisire a mettere in atto un comportamento, ci permette di applicare queste conoscenze all’insegnamento dando vita così all’analisi del comportamento applicata (ABA).

L’ABA è dunque la parte applicativa di questa scienza: quella parte che ci permette di individuare procedure di insegnamento che possono essere utilizzate in svariati ambiti e con bambini a sviluppo tipico e atipico mostrando una forte efficacia nel caso specifico dell’autismo.

Autismo: diagnosi e riabilitazione | Montevarchi (Valdarno)

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